Nasce a Faenza nel 1817. 
Fin dall'adolescenza prende parte a tutte le cospirazioni liberali e nel 1848 combatte nel Veneto con i volontarî pontifici. 
Deputato all'assemblea costituente romana, è fra gli organizzatori delle barricate durante la difesa di Roma. Esule, entra a far parte delle file mazziniane. 
Tornato in Italia nel 1859, si segnala tra i volontari garibaldini ad Isernia (1860), a Vezza d'Oglio (1866) e a Monte Rotondo (1867). 
Negli ultimi anni della vita prende parte alle agitazioni della democrazia radicale a Bologna e a Firenze. 
Muore a a Firenze nel 1870.
Alla sua memoria G. Carducci dedica una poesia in Giambi ed Epodi.

 

Il Corpo Volontari Italiani è grande unità militare del Regio esercito italiano, composta quasi interamente da volontari e posta al comando del generale Giuseppe Garibaldi, operante nel corso della Terza guerra d'indipendenza sul confine fra Lombardia e Trentino, allora parte dell'Impero austriaco.Il 6 maggio 1866, in previsione della guerra, con decreto del re Vittorio Emanuele II, è istituito il Corpo Volontari Italiani. In data 16 maggio, da Firenze allora capitale, è emanata una circolare da parte del Ministero della Guerra che fissa l'ordinamento del Corpo, stabilendone la consistenza in 10 Reggimenti.Il 20 maggio iniziano, con lentezza, i reclutamenti della truppa. Sono istituiti creati sette centri di addestramento per i volontari, in breve sommersi da una moltitudine di giovani desiderosi di essere formati e armati per la nuova guerra. L’impatto con la nuova realtà militare è mortificante, mancando all’interno delle caserme quasi tutto il necessario per l’addestramento. Ovunque regna la disorganizzazione e, nonostante le lamentele dei comandanti al Ministero, non si riesce a porvi rimedio. Mancano le divise ed il resto del vestiario, le tende, le cucine da campo, i mezzi di trasporto, le salmerie, le armi, le munizioni, le carte geografiche aggiornate, le attrezzaturesanitarie e la buffetteria. I quadri ufficiali, formati in gran parte nella campagna meridionale del 1860, e i sottufficiali, seppur costituiti da gente di valore, dimostrano nel complesso impreparazione militare e organizzativa. Alcuni comandi sono affidati perfino a deputati del parlamento, privi di ogni esperienza militare, o a ex guardie nazionali mobili provenienti alla lotta al brigantaggio.

Il 22 giugno la forza complessiva del Corpo dei Volontari Italiani conta esattamente 38.041 uomini, 873 cavalli, 24 cannoni.
I volontari vestono vestono berretto con visiera, “kepì”, e giubba rossa, tranne i due battaglioni di Bersaglieri volontari per i quali è adottato il colore grigio, e pantaloni regolamentari del Regio Esercito.

La maggior parte dell’armamento individuale della fanteria del Corpo Volontari Italiani è costituito da vecchi fucili ad avancarica a canna liscia. Sono armi molto lunghe e pesanti, capaci di un tiro utile fino ai 300 metri, munite di una lunga baionetta a manicotto. Sono più modelli a canna liscia di fucile ad avancarica con accensione a percussione, con luminello e capsula fulminante, già antiquati per l'epoca. Solo alla fine della campagna sono disponibili alcune moderne ed ottime carabine rigate Enfield inglesi.

 

Comandante in capo è il generale Giuseppe Garibaldi, con capo di Stato Maggiore il generale Nicola Fabrizi.

L'organizzazione del Corpo è la seguente:

1º Reggimento al comando del colonnello Clemente Corte;

2º Reggimento al comando del luogotenente colonnello Pietro Spinazzi;

3º Reggimento al comando del colonnello Giacinto Bruzzesi;

4º Reggimento al comando del luogotenente colonnello Giovanni Cadolini;

5º Reggimento al comando del colonnello Giovanni Chiassi;

6º Reggimento al comando del colonnello brigadiere Giovanni Nicotera;

7º Reggimento al comando del colonnello Luigi Bossi;

8º Reggimento al comando del colonnello Eliodoro Specchi;

9º Reggimento al comando del colonnello Menotti Garibaldi;

10º Reggimento al comando del luogotenente colonnello Francesco Corvi;

1º Battaglione Bersaglieri Genovesi al comando del maggiore Antonio Mosto;

2º Battaglione Bersaglieri Milanesi al comando del maggiore Nicostrato Castellini;

Squadroni Guide a cavallo al comando del colonnello Giuseppe Missori;.

Brigata d’artiglieria dell’esercito regolare, ordinata su tre reggimenti: il 4° da campagna, il 2° ed 5° da montagna;

Squadrone di carabinieri con il compito di polizia militare composto da 51 ufficiali e 940 fra sottufficiali e militari di truppa;

44 ° Battaglione della Guardia Mobile per la difesa del Passo del Tonale con doganieri.

Reparti di Intendenza, Sanità e Genio militare.

Ogni reggimento è composto da 16 Compagnie di circa 180 fucilieri o “rossi” suddivise in 4 Battaglioni di 4 Compagnie ognuno. I dieci Reggimenti, su proposta di Garibaldi, sono poi raggruppati in 5 Brigate.



 

FattoricustozaNell'anno 1866 l'Italia prende parte alla guerra austro-prussiana, da noi nota come Terza Guerra d’indipendenza, in alleanza con la Prussia. Lo scopo è quello di trarre vantaggio dalla competizione fra Austria e Prussia per la supremazia in Germania, dove parimenti all'epoca è in atto un processo di unificazione nazionale. Il cancelliere prussiano Bismarck offre al governo italiano un'alleanza militare, in modo da tenere impegnata sul fronte italiano una parte dell'esercito austriaco e lasciare quindi sguarnito il fronte tedesco. Prussia e Regno d’Italia sottoscrivono un accordo segreto (8 aprile 1866), con il quale l'Italia si impegna a entrare in guerra contro l'Austria non appena la Prussia abbia aperto le ostilità. Il compenso per l'Italia sarebbe consistito nell'acquisizione del Veneto e di altri territori di nazionalità italiana ancora sotto il dominio austriaco.
La guerra inizia il 20 giugno. Umberto di Savoia alla battaglia di Custoza (1866)Il re d'Italia, Vittorio Emanuele II, assume il comando nominale dell'esercito, mentre a capo dello stato maggiore è posto il generale Alfonso La Marmora, opportunamente dimessosi dalla carica di Presidente del Consiglio. Le operazioni militari sono però condotte senza coordinamento tra le due armate in cui è stato schierato l'esercito. Di queste, una opera sul Mincio, al comando di La Marmora, l'altra sul basso Po, agli ordini del generale Cialdini. Nonostante l'infIII Guerra di indipendenza Italianaeriorità numerica (70.000 uomini contro 200.000) l'esercito austriaco riesce a cogliere di sorpresa alcune divisioni italiane nei pressi di Custoza, ingaggiando uno scontro imprevisto che, per quanto di modeste proporzioni, allarma a tal punto il generale La Marmora da convincerlo a ordinare una ritirata generale oltre le linea del Mincio.
Discordanze di strategia tra i comandi e la rivalità tra La Marmora e Cialdini sulla conduzione delle operazioni impediscono l'organizzazione una controffensiva che sfrutti la circostanza in cui gli austriaci ritirano numerose divisioni per spostarle sul fronte prussiano.
Il 20 luglio inoltre nei pressi dell'isola di Lissa (Dalmazia) la flotta italiana subisce una clamorosa sconfitta da parte degli austriaci, che si conclude con l'affondamento della corazzata Palestro  e della nave ammiraglia Re d'Italia.
Fa eccezione solo il Corpo Volontari Italiani, alla guida di Garibaldi, che marcia su Trento dopo la vittoriosa battaglia di Bezzecca (21 luglio).
All'esito negativo della guerra su fronte italiano pone in qualche modo rimedio la vittoria dei prussiani, che sbaragliano gli austriaci nella battaglia di Sadowa , a cui fa seguito la pace di Praga (23 agosto). L'armistizio tra Austria e Italia, sottoscritto a Cormons (12 agosto), è seguito dalla pace di Vienna (3 ottobre) che prevede la clausola, già sancita a Praga, della cessione all'Italia del Veneto previa consegna a Napoleone III.

Battaglia di Bezzecca

Principali episodio della campagna sul fronte tentino durante la Terza guerra d'indipendenza. La battaglia ha luogo il 21 luglio 1866 e vede la vittoria del Corpo Volontari Italiani al comando di Giuseppe Garibaldi contro i volontari tirolesi del comandante austriaco del Tirolo meridionale, generale Kuhn.
Il 3 luglio Garibaldi conquista prima la forte posizione sul Monte Suello,  dove lo stesso generale è ferito alla coscia e costretto a muoversi in carrozza, e poi i paesi della valle del Chiese sino a Condino, dove sostiene una battaglia difensiva.
Il 18 luglio i garibaldini del 2° Reggimento avanzano sino a controllare la parte orientale della Val di Ledro ed il 19 costringono alla resa il Forte d'Ampola, che bloccava la strada carrabile sopra Storo.
E' aperta ai garibaldini la via per Riva del Garda e quindi Trento.
In risposta il generale Kuhn predispone per una azione aggirante, da nord dalla Valle del Chiese e da ovest, sul fianco destro garibaldino, contro Bezzecca.
Il 21 luglio le truppe austriache attaccano di sorpresa i volontari italiani a Lenzumo, nella valle di Concei a nord di Bezzecca, e li ricacciano ino a Locca.
Il paese di Locca, posto sulla cima pianeggiante di un colle che chiude la Val Concei verso sud, con la chiesa di Santo Stefano isolata ed il cimitero racchiuso da un muro di cinta, è fortemente presidiato dal 5º Reggimento del colonnello Giovanni Chiassi, provvisto di tre cannoni.
La posizione è bombardata dalle batterie austriache. I garibaldini tentarno di aggirare gli assalitori da Pieve di Ledro verso le alture ad est di Locca, ma sono bloccati. La chiesa di Locca, difesa con accanimento, è assalita e presa, dopo che è stato ferito a morte il comandante, colonnello Chiassi. Cadono in mano austriaca circa 600 prigionieri, quasi un intero battaglione del 5º Reggimento volontari.
I volontari asserragliati a Bezzecca ed investiti in pieno dal fuoco di artiglieria, sono costretti alla ritirata con la perdita di numerosi prigionieri.
Nel frattempo Garibaldi, giunge in carrozza sul posto con il 9º Reggimento, comandato dal figlio Menotti, proprio mentre i suoi uomini ripiegano da BezzeccaBezzecca sulla chiesetta di Santa Lucia, a metà strada con Tiarno. Garibaldi stesso è bersagliato dal fuoco nemico e fu trascinato via a braccio dai suoi stessi volontari.
Ripresosi dallo sgomento, Garibaldi capisce che la chiave della giornata è il controllo del borgo di Bezzecca e ordina pertanto a Menotti di guidare il 9º Reggimento da Tiarno sulla destra del nemico, al colonnello Pietro Spinazzi da Molina di Ledro 7º Reggimento sulla sinistra. Quanto rimane del 5° Reggimento ed i Bersaglieri avrebbero attaccato al centro. Gli austriaci hanno però il tempo di rafforzare le posizioni conquistate, sistemando artiglierie sulle alture retrostanti.
Garibaldi, che non perde la sua lucidità, ordina allora a due battaglioni del 9º Reggimento di occupare le alture dietro l'abitato e all'artiglieria, rinforzata della batteria di riserva, di piazzarsi su una piccola altura prima del paese e far convergere tutto il fuoco sul centro abitato, per battere gli austriaci nel loro punto di ammasso.
Il bombardamento raggiunge l'obiettivo di scompigliare i reparti austriaci e, unitamente ad un contrattacco del 9º Reggimento, di spingere le truppe che già avanzavano a ripiegare sul paese. Nel frattempo, gli altri reparti garibaldini, ripreso fiato, riorganizzano i ranghi.
Al momento decisivo Garibaldi comanda la carica alla baionetta. A mezzogiorno i comandanti presenti (Menotti e Ricciotti Garibaldi, Canzio, Bedeschini, Rizzi, Mosto, Antongini) riuniscono tutti gli uomini abili e li guidano al passo di corsa sul villaggio, in un assalto corpo a corpo.
Il paese è liberato e gli austriaci in ripiegamento seguiti sino oltre Lenzumo, da dove erano discesi.
Gli italiani lamentano 100 morti, 250 feriti e più di 1100 prigionieri tra i quali 2 ufficiali superiori e 17 inferiori. Le perdite austriache ammontano a 6 ufficiali e 19 uomini morti, 7 ufficiali e 75 uomini feriti.
L'offensiva austriaca, tuttavia, fallisce in pieno l'obiettivo strategico di riconquistare la Val di Ledro e Garibaldi può pensare all'avvio di nuove azioni offensive.  

  • All'inizio della guerra fra Italia, in alleanza con la Prussia, ed Austria, il 23 giugno 1866 l'esercito italiano è schierato al confine su due armate: l'Armata del Mincio, al comando del generale Alfonso Lamarmora, e l'Armata del Po, al comando del generale Enrico Cialdini, però troppo distanti fra loro per potersi sostenere reciprocamente.

    Anche per questo motivo, nonchè per la rivalità fra i due generali, l'esercito italiano è sconfitto a Custoza il 23 giugno mentre anche la flotta, al comando dell'ammiraglio Carlo Pellion di Persano, è battuta a Lissa il 20 luglio con la perdita delle corazzate "Re d'Italia" e "Palestro".

    Per quanto riguarda il confine alpino fra Lombardia e Trentino, ancora appartenente all'Austria, la sua difesa è affidata al Corpo Volontari Italiani di Giuseppe Garibaldi, che ha il compito di presidiare le principali vie di comunicazione, fra cui le Valli Giudicarie.

    Qui si trova il grosso dei volontari al comando diretto di Garibaldi che, nel tentativo di raggiungere Trento, coglie l'unica vittoria italiana della guerra a Bezzecca il 21 luglio.

    Per quanto riguarda la Valle Camonica, è per l'Austria un accesso naturale verso l'Italia attraverso il Passo del Tonale ma si temono penetrazioni austriache anche attraverso la Valtellina, la Valsaviore ed il Passo di Crocedomini. Per questo sono stati creati punti di difesa a Breno, Cedegolo ed oltre Edolo 

    La difesa della valle, già allarmata dalla discesa di truppe da montagna austriache al comando del maggiore Ulysses Von Albertini, è affidata al 4° Reggimento Volontari del tenente colonnello Giovanni Cadolini.

  • Questi invia da Bergamo il suo 1° Battaglione Volontari, al comando del maggiore Vincenzo Caldesi, che si riunisce in valle al 44° Battaglione della Guardia Nazionale, nonchè a qualche decina di Carabinieri e Finanzieri. 

    Caldesi prende posizione a Incudine, dove si trincera e posiziona due cannoni da montagna, ed  invia come avanguardia a Vezza d'Oglio una compagnia e mezza del 1° Battaglione Volontari sotto la guida del capitano Antonio Malagrida.

    Il 2 luglio Caldesi riceve, direttamente da Cadolini, l'ordine di perfezionare le opere di fortificazione. In caso di attacco austriaco l'avanguardia vi sarebbe dovuta ripiegare da Vezza d'Oglio.

    Negli stessi giorni, a seguito di informazioni pervenute sul numero dei soldati austriaci al Tonale, parzialmente infondate, Garibaldi dispone l'invio in Valle Camonica da Lonato anche del 2° Battaglione Bersaglieri Volontari al comando del maggiore Nicostrato Castellini, il quale raggiunge all'alba del 3 luglio le truppe di Caldesi.

    Quest'ultimo battaglione è costituito in gran parte da volontari appartenenti ad una società di tiro a segno di Milano, i "Carabinieri Milanesi", e quindi in qualità di esperti tiratori arruolati con il titolo di Bersaglieri.

    Castellini, che si dovrebbe mettere agli ordini del più anziano Caldesi, dispone il suo comando a Davena e schiera le sue quattro compagnie fra Grano e la riva destra del fiume Oglio.

    Pertanto il 3 luglio le forze italiane sono così disposte: il 1° Battaglione Volontari davanti ad Incudine, ad eccezione della Compagnia a Vezza d'Oglio e della mezza Compagnia a Grano; il 2° Battaglione Bersaglieri Volontari fra Davena e Vezza d'Oglio; due compagnie del 44° Battaglione della Guardia Nazionale con due cannoni al ponte del Salto del Lupo.

    In tutto circa 1200 uomini.

  • Nello stesso tempo le truppe austriache, circa 1000 uomini al comando di Von Albertini, sono fra Ponte di Legno e Stadolina.

    La sera dello stesso giorno Castellini incontra Caldesi a Incudine. Non è chiaro se quest'ultimo, che versa in cattive condizioni di salute, faccia però cenno dell'ordine di Cadolini di ripiegare in caso di attacco nemico.

    Castellini ne trae la conclusione di dover invece resistere sulle posizioni precedentemente occupate di Vezza d'Oglio e di Grano.

    Nella notte fra il 3 ed il 4 luglio gli austriaci si mettono in movimento verso Vezza su quattro colonne: la prima sulla strada di San Clemente, la seconda sulla strada di Carona, la terza sulla strada di San Sebastiano e la quarta sulla riva sinistra dell'Oglio.

    Avvistate le truppe nemiche, il capitano Malagrida ordina, secondo gli ordini ricevuti da Caldesi, la ritirata su Incudine della compagnia e mezza schierate a Vezza ed a Grano.

    Ciò non impedisce agli austriaci di sorprendere e fare prigionieri alcuni volontari che si erano attardati nei pressi del cimitero.

    Nel ripiegamento Malagrida incontra una pattuglia di Bersaglieri in avanscoperta al comando del capitano Giulio Adamoli, che lo conduce a Davena da Castellini ed al quale riferisce di aver obbedito all'ordine di ripiegamento di Caldesi.

    Convinto che si tratti di un malinteso, Castellini persuade Malagrida a tornare sui suoi passi e lancia  al contrattacco anche l'intero 2° Battaglione Bersaglieri Volontari per rioccupare le posizioni abbandonate.

    Nel frattempo però gli austriaci hanno interamente occupato Vezza, piazzando quattro cannoni sul Castello e trincerandosi dentro le case e dietro i muri degli orti.

    Gli italiani avanzano su tre fronti: a monte verso Grano, a sua volta ormai occupato dagli austriaci, al centro verso Vezza ed a valle sulla riva destra dell'Oglio.

    Giunti in prossimità delle prime case sono accolti da nutrite scariche di fucileria dal nemico bene appostato.

    Il primo ufficiale a cadere è il sottotenente Achille Prada dei Volontari mentre accanto a lui è ferito, senza gravi conseguenze, il capitano Giulio Adamoli dei Bersaglieri.

    Esaurite le munizioni, quest'ultimo ordina l'assalto alla baionetta ma l'intenso fuoco nemico rende impossibile l'avanzata e gli italiani sono costretti a retrocedere con gravi perdite.

    Nel frattempo, nel tentativo audace di prendere i cannoni austriaci sul Castello, lo stesso maggiore Castellini si mette alla testa dei suoi Bersaglieri ma, colpito più volte, cade ferito mortalmente presso la Santella di San Carlo.

    Alcuni volontari lo trasportano a braccia fino ad Incudine ma inutilmente.

    Nonostante questo l'attacco italiano prosegue sotto la guida del capitano Antonio Oliva, che, in quanto ufficiale più anziano sostituisce Castellini al comando dei Bersaglieri.

    In uno degli ultimi attacchi cade anche il capitano Antonio Frigerio, comandante della Terza Compagnia dei Bersaglieri, ferito e poi morto per dissanguamento durante il trasporto a valle.

    Verso le ore otto del mattino però gli austriaci iniziano ad avanzare anche sulla riva sinistra dell'Oglio, dove non trovano alcuna resistenza, e quindi minacciano di accerchiamento l'intero schieramento italiano.

    Pertanto, vista l'inutilità dei tentativi di riconquistare Vezza ed il pericolo incombente sull'ala destra, viene impartito l'ordine di ritirata su Incudine, che i volontari italiani compiono ordinatamente con gran parte dei feriti al seguito.

    Il combattimento è terminato. Il bilancio parla di 20 morti italiani, 15 Bersaglieri, fra cui il comandante Nicostrato Castellini ed il capitano Antonio Frigerio, e 5 Volontari Garibaldini, fra cui il sottotenente Achille Prada. I morti austriaci sono invece 5.

    I feriti italiani sono 70, 17 quelli austriaci.

    Inoltre in mano austriaca restano 17 prigionieri, in gran parte feriti.

    Malgrado l'insuccesso, Bersaglieri e Volontari si sono battuti bene e con coraggio, meritando l'elogio degli stessi avversari.

    Al combattimento non prende invece parte il resto del 1° Battaglione Volontari, al comando di Caldesi, trincerato davanti ad Incudine secondo gli ordini ricevuti dal comandante del Reggimento, Cadolini.

    Su ordine dello stesso Caldesi sono però sparati alcuni colpi di artiglieria da parte dei due cannoni schierati al Salto del Lupo, ma con scarsa efficacia.

    Al termine della giornata del 4 luglio gli austriaci si spingono sino a Davena, sgomberata dagli italiani, ma poi si ritirano a Vezza e quindi al Passo del Tonale, portandosi appresso i loro caduti ed i prigionieri italiani in grado di muoversi.

    I feriti italiani più gravi sono invece ricoverati nella Chiesa parrocchiale, curati dapprima dagli stessi austriaci e quindi lasciati alle cure della popolazione locale.

    Si distinguono in questo il Sindaco Martino Pasolini, il medico condotto Antonio Bertoletti, il veterinario condotto Lorenzo Tedeschi,  la Giunta Comunale, il clero.

    Degna di particolare menzione l'opera prestata dalla signora Caterina Boniotti Ventura, come testimonia la sciarpa tricolore successivamente donatale dai reduci tridentini.

    Per quanto riguarda i caduti italiani, sono sepolti con gli onori militari dagli austriaci nel Cimitero di Vezza, dove in parte ancora riposano nell'Ossario eretto nell'anno 1895.

    Il 5 luglio i Volontari italiani, al comando diretto del tenente colonnello Cadolini, rioccupano Vezza d'Oglio e trasferiscono a Edolo i feriti e la salma del capitano Frigerio.

    Il 15 luglio però tutte le unità dei Volontari si ritirano dall'Alta Valle Camonica, lasciando in loco solo la Guardia Nazionale e pochi Finanzieri e Carabinieri.

    Questo consente agli austriaci di scendere nuovamente in valle sino a Edolo il 20 luglio e di nuovo sino a Vezza il 23 luglio, dove hanno luogo numerose requisizioni di beni, per poi ripiegare definitivamente oltre il Tonale.

    E' opportuno sottolineare la grande prova di solidarietà della popolazione di Vezza d'Oglio nei confronti dei feriti e degli altri volontari italiani nonostante i gravi danni subiti per mano austriaca a seguito della requisizione di beni, mezzi di trasporto, bestiame e la perdita del raccolto.

    La guerra termina il 12 agosto 1866 con la sconfitta dell'Austria, principalmente a seguito della battaglia di Sadowa persa contro l'esercito prussiano.

    I soldati italiani fatti prigionieri a Vezza, trasferiti a Vienna e poi in Croazia, saranno rimpatriati a Udine a guerra finita.

  • 28 luglio 1873

    Inaugurazione del Monumento ai Caduti del 4 luglio 1866 alla presenza dei Reduci, delle Autorità cittadine e di una rappresentanza militare del Corpo degli Alpini, di recentissima costituzione.

    Il monumento sorge nella omonima piazza ed è stato realizzato a spese dei Reduci e dell'Amministrazione comunale di Vezza d'Oglio

    12 luglio 1891

    Celebrazione del Venticinquesimo Anniversario della battaglia con la posa di una corona bronzea sul Monumento ai Caduti

    7 luglio 1895

    Inaugurazione dell'Ossario ai Caduti della battaglia, eretto al centro del Cimitero di Vezza, e posa di due lapidi con il nome dei Caduti sul Monumento di Piazza 4 Luglio 1866

    4 luglio 1906

    Celebrazione del Quarantesimo Anniversario della battaglia

    Luglio 1931

    Pellegrinaggio degli ultimi Reduci e solenne Commemorazione della battaglia

    10 luglio 1966

    Celebrazione del Primo Centenario della battaglia alla presenza del Ministro della Difesa e del Vescovo della Diocesi di Brescia.

    9 luglio 1995

    Celebrazione del Primo Centenario della posa dell'Ossario.